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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 19
 
originale
 
19. Exhorruit Myrmex inauditum facinus et occlusis auribus effugit protinus. Nec auri tamen splendor flammeus oculos ipsius exire potuit, sed quam procul semotus et domum celeri gradu pervectus, videbat tamen decora illa monetae lumina et opulentam praedam iam tenebat animo miroque mentis salo et cogitationum dissentione misellus in diversas sententias carpebatur ac distrahebatur: illic fides, hic lucrum, illic cruciatus, hic voluptas. Ad postremum tamen formidinem mortis vicit aurum. Nec saltem spatio cupido formonsae pecuniae leniebatur, sed nocturnas etiam curas invaserat pestilens avaritia, ut quamvis erilis eum comminatio domi cohiberet, aurum tamen foras evocaret. Tunc, devorato pudore et dimota cunctatione, sic ad aures dominae mandatum perfert. Nec a genuina levitate descivit mulier, sed exsecrando metallo pudicitiam suam protinus auctorata est. Ita gaudio perfusus advolat ad suae fidei praecipitium Myrmex, non modo capere verum saltem contigere quam exitio suo viderat pecuniam cupiens, et magnis suis laboribus perfectum desiderium Philesithero laetitia percitus nuntiat statimque destinatum praemium reposcit, et tenet nummos aureos manus Myrmecis, quae nec aereos norat.
 
traduzione
 
?Mirmece inorrid? di fronte a una simile inaudita scelleratezza e fugg? tappandosi le orecchie. ?Ma egli non poteva cancellare dai suoi occhi lo splendore di quelle monete fiammanti e per quanto fosse ormai lontano da Filesitero e, a passo svelto, fosse gi? rientrato in casa, vedeva sempre il luccichio di quelle belle monete, gi? gli sembrava di stringere nella mano quel ricco tesoro. ?L'animo di quel poveretto ondeggiava fra contrastanti pensieri ed era combattuto e diviso da differenti considerazioni: da una parte la parola data, dall'altra il guadagno; di qui la minaccia del supplizio, di l? tutto quell'oro. E l'oro alla fine vinse la paura della morte. Il desiderio di avere quelle belle monete non gli dava tregua, la bramosia, come una febbre, tormentava perfino le sue notti e se le minacce del padrone lo trattenevano in casa, la tentazione dell'oro lo invitava ad uscire. ?Alla fine, scacciato ogni senso di pudore e rotti gli indugi, port? l'ambasciata alla padrona. La donna, da parte sua, non sment? la naturale frivolezza del suo sesso e di fronte all'esecrando metallo non esit? a vendere il suo onore. ?Cos? Mirmece, che per la gioia non stava pi? nella pelle, si precipit? a mandare del tutto in malora la sua onest?, bramoso non dico di avere quel denaro che per sua disgrazia aveva intravisto, ma almeno di toccarlo, e tutto raggiante, annunzi? a Filesitero che grazie alle proprie pressanti insistenze il suo desiderio era stato accolto e, quindi, chiese il compenso pattuito. ?E cos? la mano di Mirmece, che non aveva mai toccato nemmeno un soldino di rame, ora strinse le belle monete d'oro.
 

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